Riforma fisco: Gronchi, temi chiave sono riduzione pressione fiscale, web tax e attenzione alle piccole e medie imprese

Riforma fisco: Gronchi, temi chiave sono riduzione pressione fiscale, web tax e attenzione alle piccole e medie imprese

Il VicePresidente di Confesercenti nazionale è intervenuto a margine del tavolo tra Governo e parti sociali a Palazzo Chigi.

“Al centro della riforma fiscale devono esserci temi chiave per l’economia italiana come la riduzione della pressione fiscale, la tassa sull’e-commerce per le grandi piattaforme, lo stop all’era degli acconti e la razionalizzazione dei tributi locali”.

Così Nico Gronchi, vicepresidente di Confesercenti nazionale, dopo l’incontro tra governo e parti sociali a Palazzo Chigi sulla riforma fiscale.

“Inoltre, i benefici fiscali previsti dalla flat tax devono andare a vantaggio anche dei redditi più bassi e l’abolizione dell’Irap non agevolare solo le grandi imprese, rischiando invece di penalizzare le PMI, soprattutto del commercio e dei servizi. L’ossatura dell’economia italiana – sottolinea Gronchi – è costituita soprattutto da imprese di piccole e medie dimensioni e queste vanno tutelate”.

“Ma priorità assoluta, come detto, deve essere la riduzione delle tasse. Nel 2022 la pressione fiscale ha raggiunto il 43,5%, +1,2 punti rispetto al 2019, con un aumento del carico fiscale di +9,3%. Un ritmo decisamente più sostenuto di quello registrato nello stesso periodo dal Pil, la cui crescita cumulata si è fermata al +6,3%, e dei redditi da lavoro, aumentati del complessivamente +5,9%. Questi dati, frutto di un’analisi realizzata da Confesercenti, dimostrano chiaramente come il sistema impositivo italiano sia un freno per la nostra economia”, continua il vicepresidente di Confesercenti

“La web tax, ovvero una tassazione sull’e-commerce per le grandi piattaformE in grado di riequilibrare la concorrenza tra attività fisiche e on line, non risulta attualmente presente nel testo della riforma. Questa – conclude Nico Gronchi – è però fondamentale per le attività di vicinato e non solo: la concorrenza delle grandi piattaforme, infatti, potrebbe mettere fuori mercato 60mila imprese entro i prossimi 5 anni. Sarebbe una perdita che l’Italia non può davvero permettersi”.

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